14 Mag

Nel corso degli ultimi decenni, la geografia del mercato internazionale ha subito una significativa quanto rapida evoluzione, abbiamo, infatti, assistito a una veloce migrazione del business internazionale che dall’oceano Atlantico (Stati Uniti ed Europa centrale e occidentale) si è trasferito verso l’Oceano Pacifico, passando dal volume di affari degli anni novanta stimato intorno al 70% all’attuale 50%. Nel 2030 si prevede che solo il 30% del business mondiale sarà focalizzato nei paesi atlantici mentre il restante 70% si concentrerà nei paesi emergenti.

Al nostro sistema imprenditoriale, che dovrà sopravvivere agli effetti di questa vera e propria nuova rivoluzione, viene inderogabilmente richiesta l’introduzione di precise visioni strategiche volte da un lato a pianificare obiettivi e azioni conseguenti con effetti nel lungo periodo e dall’altro a favorire lo sviluppo di una politica aziendale virtuosa in grado di rendere particolarmente competitivi i processi aziendali in particolare e delle filiere del valore in generale attraverso:

  • La fissazione di obiettivi consequenziali orientato all’interno ed all’esterno della propria impresa;
  • L’attivazione di piani e azioni orientate e focalizzate al loro raggiungimento;
  • Il monitoraggio continuo dei risultati aziendali coerente con strategica e azioni costituito da pochi ma significativi indicatori di primo livello stratificati in coerenti indici di livelli progressivamente decrescenti che considerano anche le relazioni interne ed esterne di cliente/fornitore.

Questo percorso che lega indissolubilmente la strategia, la gestione strategica, la politica aziendale e il monitoraggio non può prescindere da una coerente analisi preventiva finalizzata all’identificazione dei punti di forza e di debolezza dell’azienda, dei potenziali margini di crescita nonché di riduzione dei costi e delle inefficienze comprimibili che in maniera più o meno occulta vengono a generarsi talvolta endemicamente ma molto spesso patologicamente nei nostri sistemi industriali.

La pur meritevole attività d’integrazione logistica condotta nel corso degli ultimi trenta anni inizia a mostrare i segni del tempo. Dalla logistica degli anni ottanta che prevedeva la gestione coordinata dei trasporti e delle attività di magazzino, alla logistica integrata negli anni novanta che prevedeva la gestione sotto un’unica regia e metodologia di tutte le attività inerenti alla gestione dei materiali all’attuale Supply Chain che prevede l’integrazione verticale tra filiere industriali e in alcuni casi virtuosi d’integrazione orizzontale di varie filiere, si sente l’assoluta necessità di porre in essere un quarto importantissimo passaggio strategico rappresentato dalla Value Supply Flow.

Questa nuova frontiera logistica, superando i confini della Supply Chain Management, di cui conserva le principali logiche di gestione, teorizza in maniera concreta la realizzazione di rete logistica del valore sotto forma di flusso continuo pilotato dal mercato, allo scopo di rendere efficienti ed efficaci tutti i processi e le connessioni del network ovvero privandoli delle cosiddette dispersioni o inefficienze di flusso che proprie della tradizione logistica anche più evoluta.